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Tra i birrifici che aprendo nel 1996 diedero vita al movimento della birra artigianale, sicuramente il Birrificio Italiano è tra quelli che più ha contribuito a scrivere la storia della birra artigianale italiana. Era il 23 dicembre 1994, quando la Camera di Commercio registrava una nuova società, Nuovo Birrificio Italiano srl, formata da ben 11 soci. Fu così che a Lurago Marinone, in un bell’edificio dal sapore antico, viene posizionato un impianto da 200 litri e quattro maturatori da 400 litri, oltre a tre fermentatori aperti, acquistati di seconda mano dalla Poretti (che li usava per gli starter!). Soltanto però nell’aprile del 1996 viene prodotta la prima birra, la Tipopils, una birra di bassa fermentazione, un tributo alle pils, che con il tempo diventerà un must a livello mondiale.
Il ’97 è l’anno in cui Agostino Arioli, il birraio, conosce Kuaska, noto degustatore italiano, con il quale inizia una collaborazione fruttuosa. Il suo orizzonte birrario si allarga ulteriormente, grazie anche ai contatti sempre più stretti con altri “pionieri” come Teo Musso del “Le Baladin”, Guido Taraschi (Centrale della Birra) e poi ancora Enrico Borio, (Beba), Stefano Sausa (Vecchio Birrario) e Davide Sangiorgi (Lambrate). Si crea così un gruppo di amici-birrai che di lì a poco avrebbe fondato Unionbirra, subito dopo ribattezzata Unionbirrai.
Nel 2002 il birraio Andrea Bravi, oggi al Birrificio di Como, entra nella squadra e la produzione continua a migliorare, la Rossoscura, la seconda birra prodotta, va in pensione, sostituita da un’altra rossa molto più beverina e elegante: la Bibock. Arrivano poi l’Amber Shock, la Negra, la Prima e infine la Cassissona. Dopo una visita alla birreria di Sohenstetten, Baden-Württemberg, e l’assaggio delle loro Weizen, nasce la VùDù. Nel ‘99 arriva Maurizio Folli, oggi tra i soci, a dar manforte ad una produzione in netta crescita. Il consumo di birra aumenta e nel 2000 il tino di cottura si allarga a 700l per poi lasciare il posto, nel 2005, ad una sala cottura di 20 ettolitri. I cambiamenti danno inizio ad una serie di problemi qualitativi che spingono il Birrificio Italiano ad affrontare l’impegnativa sfida alla stabilità e al controllo costante delle proprie birre, vinta grazie anche all’esperienza maturata da Agostino in alcuni corsi sostenuti negli Stati Uniti e all’acquisto di nuovi strumenti di monitoraggio. È il salto definitivo che porta il birrificio ad essere apprezzato in Italia quanto all’estero.